Sergio Antolini ripercorre la storia del frumento attraverso un excursus temporale ricco di notizie, riferimenti antropologici e socio-culturali. Nel suo libro “Argonauta” il presidente di Ocrim e Paglierani svela il processo storico, culturale, artistico, simbolico ed esoterico che si cela dietro l’alimento principe dell’Umanità intera e di come questo abbia reso possibile la nascita e la metamorfosi di una nuova civiltà.  

Sergio Antolini, autore del libro “Argonauta” racconta come il passaggio epocale dalla preistoria alla storia sia avvenuto per l’approvvigionamento di cibo. Gli uomini, da nomadi cacciatori-raccoglitori, divennero stanziali cominciando ad unirsi in piccole tribù e villaggi. È in questo contesto che si muovono i primi rudimentali passi verso un’agricoltura di sostentamento, iniziata con la domesticazione delle piante. Siamo nell’era del Mesolitico, circa 10.000 anni fa. Il teatro di questo cambiamento fu la Mesopotamia, il celebre territorio a forma di mezzaluna che, reso fertile dai fiumi Nilo, Tigri ed Eufrate, favorì lo sviluppo delle prime tecniche di agricoltura.

Ma procediamo con ordine e torniamo indietro di qualche millennio. La scoperta delle piante graminacee è da ricondurre ai Natufiani, una tribù che visse 14.000 anni fa sulle coste del Mar Mediterraneo, dalla Palestina alla Turchia. Questi furono i primi a intuire le potenzialità delle varietà selvatiche di frumento ed orzo e a separarle dalle altre piante non commestibili. Al contempo, grazie al ritiro dei ghiacciai, era nata una vasta pianura fertile in grado di accogliere le prime coltivazioni. Le prime specie coltivate svilupparono velocemente la capacità di sopravvivere in condizioni estreme, superando periodi di siccità e di forti piogge. I Natufiani, contadini sedentari, rappresentano il trionfo dell’adattabilità umana, sancendo la nascita di nuova civiltà.  Grazie a loro la storia dell’uomo cambiò per sempre: la scelta coraggiosa dei Natufiani di “cambiare per sopravvivere” avrebbe modificato le abitudini dell’uomo per sempre. Da allora l’essere umano iniziò a tessere relazioni con altri popoli praticando lo scambio, preludio di futuri e proficui commerci.

La diffusione della pratica agricola verso l’Europa fu relativamente veloce: dalla Grecia arrivò in Italia e poi in Spagna, passando per la Francia. Circa 200 anni dopo sono presenti terreni coltivati nei Paesi balcanici: la pratica della “domesticazione” delle piante proseguì a Nord, verso le pianure, fino all’attuale Germania (5000 a.C.).  Nel continente africano il frumento arrivò un po’ più tardi a causa dell’impossibilità di penetrare la foresta tropicale oltre l’equatore. Per lungo tempo le coste mediterranee africane furono il granaio dell’Impero romano, fino a quando, nel IV secolo, si verificò un brusco e drammatico crollo delle coltivazioni causato dall’invasione dei barbari, da epidemie e carestie. Si dovette attendere fino all’ VIII secolo e ai successivi cinquecento anni per assistere alla ripresa dell’agricoltura e allo sviluppo di tecniche e studi che avrebbero reso il frumento un alimento essenziale e fondamentale per l’alimentazione dell’intero genere umano.  

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Carla Gasperoni

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