Dai molini natanti sul fiume Po, alle antiche ruote idrauliche, ai moderni laminatoi. Il fondamentale contributo di Cremona alla lunga tradizione dell’arte molitoria, un’attività che fin dal Medioevo ha fortemente influenzato la cultura e l’economia di questa terra d’eccellenze. Una storia senza fine fatta di saggezza contadina, geniali intuizioni e innovazioni tecnologiche che continua il viaggio nella moderna evoluzione del Milling Hub.  

Dai Mulini Galleggianti…

La storia di Cremona è strettamente legata al fiume Po, il corso d’acqua più lungo d’Italia, e a tutta la complessa rete idrica di superficie che diede impulso ai commerci e alle principali attività economiche del territorio. Fu proprio grazie al fiume che si sviluppò l’arte molitoria e che per secoli avrebbe caratterizzato le terre del Po e sfamato la sua gente.  Per trovare le prime testimonianze bisogna risalire al Medioevo, quando comparvero i mulini natanti. Erano macchine imponenti, lunghe 12-13 metri e larghe intorno agli 11 metri che venivano ormeggiate a riva o ancorate al fondo, nel tratto dove la corrente era più profonda e scorreva più veloce, mediante grossi cestoni di vimini o ferro riempiti di sassi. Per sfruttare in modo costante la forza motrice dell’acqua, anche durante le variazioni stagionali del fiume, i mugnai li spostavano frequentemente lungo la sponda o anche da una sponda all’altra. La struttura e gli ingranaggi dei mulini erano interamente in legno di quercia, di rovere, di noce, i più resistenti all’acqua, agli urti e al forte attrito cui erano sottoposti. Essi erano costituiti da due zattere galleggianti con la chiglia piatta, le pareti e la poppa quasi verticali e la prua rialzata, collegati tra loro da un largo ponte e da diverse catene. A poppa c’era la ruota a pale, montata su una trave orizzontale che, girando in senso antiorario, trasmetteva il movimento a una serie di ruote dentate, che a loro volta facevano girare la macina in pietra. Normalmente le macine erano due, una per la molitura del frumento e una per il mais e gli altri cereali. I mulini natanti scomparvero definitivamente agli inizi del ‘900 con l’avvento della navigazione a vapore per lasciare spazio di manovra a battelli e rimorchiatori.

…Ai Mulini A Cilindri…

I mulini terranei che sorgevano in prossimità delle rogge d’acqua resistettero qualche decennio in più e fino agli anni ’50 il territorio cremonese fu costellato dall’inconfondibile architettura dei mulini ad acqua.  Ogni paese aveva il proprio mulino e per lungo tempo la vita e l’economia delle genti ruotarono attorno ad esso, se il mulino si fermava era fame e disperazione per tutta la popolazione. Uno spaccato di realtà celebrato magistralmente da Riccardo Bacchelli, autore di uno dei più importanti romanzi del neorealismo italiano novecentesco: “Il mulino del Po”. Quando, con la rivoluzione industriale, si affermarono i mulini a vapore, assai più potenti, efficienti e sicuri, per i molini idraulici iniziò la parabola discendente e, alle soglie del XX secolo, vennero, gradualmente, abbandonati o trasformati a trazione elettrica. Intanto la tecnologia si evolveva rapidamente per superare il sistema di macinazione a pietra (in cui non veniva eliminata la crusca) e giungere ad una modalità più efficace, omogenea ed igienica grazie all’uso dei cilindri (laminatoio). Come sappiamo l’introduzione dei cilindri metallici rivoluzionò l’industria della macinazione permettendo di separare la crusca e di sgretolare il grano in semole sempre più fini, riducendo il riscaldamento della farina e lavorando in forma igienicamente sicura tutto il prodotto. Da quel momento l’attività dei mulini assunse le caratteristiche di un’impresa industriale e il mugnaio si trasformò in esperto tecnologo al servizio dell’alimentazione. Oggi percorrendo le campagne cremonesi si possono ancora vedere i resti di mulini abbandonati e parzialmente coperti dalla vegetazione o, in alcuni casi, restaurati da storiche famiglie di mugnai e affiancati ai mulini moderni per testimoniare la lunga tradizione famigliare.

La Santa Messa nell’antico molino della famiglia Grassi

A parte qualche raro esempio ancora attivo sono diventati beni culturali, reperti di una significativa archeologia industriale. Una sorta di museo en plein air dove, attraverso la visita delle storiche architetture, delle antiche macine, delle ruote a palette di metallo, ormai arrugginite, delle stanze di macinazione e dei i rustici portichetti si respira la storia dell’arte molitoria cremonese. Tra questi ultimi esemplari c’è anche quello che fu la sede del primo impianto di Ocrim, alla periferia della città, in località Cavatigozzi, di proprietà della famiglia Grassi che, nell’immediato dopoguerra, dette inizio alla straordinaria opera di sviluppo guidata dal “capitano” Guido Grassi.

…Al Milling Hub

Da allora il processo tecnologico è andato sempre più accelerando verso un’innovazione fatta di geniali intuizioni, supporto alle aziende alimentari, controllo della filiera e di attenzione alla sostenibilità che oggi possono essere tradotte in due sole parole: Milling Hub. Il polo nazionale della macinazione progettato e realizzato da Ocrim insieme a Bonifiche Ferraresi e inaugurato lo scorso anno, è situato nella zona del Porto Canale di Cremona, nei pressi del fiume Po, una sorta di passaggio del testimone dagli antichi mulini galleggianti ai quali Ocrim rende onore con la serietà, l’esperienza e la professionalità che la contraddistingue da oltre 75 anni di attività.

L’Invenzione Di Janello Torriani

A proposito di genialità, concludendo questo rapido excursus nella storia dei mulini ci piace ricordare un altro insigne concittadino: Janello Torriani. Fu tra i più grandi costruttori di macchine del Cinquecento, abile fabbro ferraio, orologiaio di fama universale, ingegnere idraulico, matematico di corte e inventore. Suo padre Gherardo possedeva la metà di un mulino natante e Janello, osservandolo al lavoro, inventò piccolissimi mulini automatici in ferro a molla. La notizia fu riportata dall’amico Ambrosio de Morales, storiografo di corte di Filippo II di Spagna che scrisse: “Janello ha inventato un mulino di ferro tanto piccolo che si potrebbe nascondere in una manica, ed esso macina più di due misure di grano al giorno, muovendosi automaticamente, senza che alcuno lo azioni. Questo mulino possiede un’altra grandissima qualità, quella di separare la farina dalle scorie, così che la farina ben depurata cade in un sacco, e lo scarto in un altro. Questa invenzione potrebbe essere molto utile per un esercito, o per una città sotto assedio, o per la navigazione, dato che si tratta di un mulino automatico.”.

Una serie di sette mulini portatili in ferro, costruiti da Janello Torriani, fu rinvenuta nelle collezioni del palazzo reale di Madrid.

(fonte: Mulini – Suggestioni di un mondo perduto; testi di Liliana Ruggeri, fotografie di Antonio Barisani e Mino Piccolo, editore Cremona Produce)